REFERENTE INCESTO
Una ragazza ed un ragazzo uniti e schiavi del loro piccolo mondo, ripetono ogni sera il loro rito di seduzione, odio, ribellione, illusione, perversione, incesto forse mai consumato o consumato ogni giorno in un tempo ciclico, sempre uguale a se stesso. Vittime e carnefici uno dell’altro.
Il lavoro del regista e degli attori
Il testo è dello stesso regista, autore italo argentino che ha creato un proprio sistema di recitazione e messa in scena: il testo non ha bisogno dell’interpretazione dell’attore, ma si esplica e vive attraverso le tensioni corporee. Il corpo dell’attore come strumento di vita delle parole, parole che cadono e si susseguono come pietre in cui non c’è spazio per il sentimento vissuto… il sentimento lo prova il pubblico non l’attore.
Un mese di lavoro quotidiano, di training fisico in cui non abbiamo mai avuto il tempo per pensare al testo… non ci siamo mai chiesti nulla sul personaggio, non abbiamo mai sofferto quello che si diceva nel testo. Tutto il lavoro è stato sulle tensioni corporee, produrre maggiore o minore tensione muscolare; mettere il corpo nella condizione di non usare il minimo sforzo per il maggior risultato, ma creare una partitura di azioni fisiche dall’inizio alla fine dello spettacolo dove poter incanalare il testo.
L’INTERVENTO DI FRANCO
Grazie a questo clima rilassato e ad un ordito stabile, quello della partitura fisica, da cui ci siamo sempre sentiti protetti abbiamo condiviso il tempo pre-spettacolo con un pittore il quale al buio ha lavorato al suono delle nostre parole, alle sensazioni delle azioni sceniche.
Per l’attore il tempo delle prove è un tempo extra quotidiano, intimo in cui si è privi di barriere, in cui tutto fluisce, in cui ci sono emozioni e momenti irripetibili spesso di un valore più alto di quello che si riesce a dare al cospetto con lo spettatore e proprio a causa di questo fiume di emozioni forti è un tempo a porte chiuse in cui l’unico rapporto esistente è con la scena e con il regista… ma in questo caso… ci siamo concessi qualcosa di diverso… un artista che lavorasse in parallelo con il suo strumento nello stesso tempo e nello stesso spazio dell’attore.
Franco era li, dove finiva la scena e noi eravamo dentro il nostro rituale, era con noi, ma lontano da noi… c’era una creazione a più livelli, il suono del suo gesto accompagnava risuonando nello spazio il nostro rito.
Sarei falsa se dicessi che la sua presenza o la sua assenza avrebbe prodotto lo stesso effetto… non è così… quello che è nato da noi sulla scena è grazie e perché c’era un altro con noi, che vibrava di noi, che viveva con noi, che creava altro da noi…
Riguardare i suoi lavori a posteriori è stata una sensazione difficile da dimenticare: fino a quel momento noi due e il regista avevamo vissuto il nostro tempo e il nostro spazio senza alcun rispecchiamento esterno, tutti dentro al lavoro… ma quei segni… quei segni erano noi…. (Laura Sales)
Nessun commento:
Posta un commento