ZAMIRA – Non so se scoprire all’ombra devo quello che so. Storie vecchie sono, e ho paura di seminare quello che io stessa non saprei come chiamare. Le nostre anime intrecciate sono coi fili di questi tappetti che per volere degli dei dobbiamo tessere, in questa notte scelta per la creazione.
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ZAMIRA – Dimenticare si puó? Come la donna del mio racconto, la dimenticanza non arrivava, e ogni notte, disfacendo quel disegno tanto lavorato durante il giorno, versava lacrime salate sui fili di colori che prima erano onde, concavi navi, cielo e nuvole propizie all’arrivo. Nell’ombra della sua stanza tutta la sua creazione all’essenza primitiva ritornava, il silenzio accoglieva i fili che una volta erano forme e sostanze, e che nella notte esseri inanimati ridiventavano
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ZAMIRA – Ma non la paura muoveva le sue dita ogni notte, non la stessa rabbia che di giorno li obbligaba a tessere davanti ai brutali pretendenti nel palazzo che era stato del suo marito. No. Era una forza che della coscienza nasceva. Ed é stata quella stessa forza a convincerla, una notte, di smettere di distruggere con lacrime quello che con lacrime tesseva durante il giorno
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