venerdì 3 giugno 2011

Louise Bourgeois: falli, ragni e ghigliottine

Donna eccezionale, artista per necessità, “carnefice nell’arte, vittima nella vita”, così si definisce questa grande donna, tra le più grandi artiste del secolo.

Ma.Di.Ra e Teatroevoci s.r.l. presentano
LOUISE BOURGEOIS: FALLI, RAGNI E GHIGLIOTTINE
(98 anni e mezzo di vita d’artista)
scritto e diretto da Luca De Bei
con Margherita Di Rauso
costumi Lucia Mariani
assistente alla regia Fabio Maffei
aiuto regia Margherita Vicario
foto Pietro Pesce

Un monologo teatrale della durata di cinquanta minuti tutto incentrato sulla bravura dell’attrice Margherita Di Rauso che incarna perfettamente questa donna vissuta per quasi cento anni. Una donna difficile, un gigante dalle emozioni difficili, contraddittorie e dalla fragilità lacerante. Un’artista giunta all’arte da una viva e forte necessità interiore di cui era ben consapevole. Pronta a divorare, manipolare, violentare, strattonare la materia così come la vita ha fatto con lei, con il suo essere nata donna.
Lucida nella sua follia, folle nella sua lucidità e auto-analisi. Geniale e lunatica. Umile e solitaria. Comunicativa e schiva. All’interno della sua personalità complessa si incastrano alla perfezione gli opposti, le contraddizioni. Contraddizioni di una lunga vita, scritte dentro di lei dal gene ereditario e da lei trasformate in opere d’arte. Una grande artista, voce della donna, straordinaria interprete del femminile
Fare arte è un atto di sopravvivenza. Una garanzia di salute mentale. La certezza che non ti farai del male e che non ucciderai qualcuno".
Un’artista che divora attraverso l’arte il proprio tempo, creatrice di sculture intense, agghiaccianti, sconvolgenti, grottesche, rivelatrici di una personale visione del mondo, della realtà, dell’altro, del maschile. Diventata famosa per i falli con cui si fa fotografare come fossero baguettes o ombrelli (il maschile, il padre) e per i ragni monumentali, sotto i quali ci si sente vulnerabili, piccoli e allo stesso tempo protetti (la madre).
Louise Bougeois è il simbolo di un secolo contrassegnato da numerosi turbamenti, desideri repressi ed ora manifesti, orrori, follie interne che necessitano di parola, di verità e la ricerca di una verità che non può essere solo comandata dalla tradizione ma va cercata, decifrata, rovesciata, derisa.
E’ l’artista che da vittima diviene carnefice, da depressa a frenetica, da frenetica a immobile, da creativa a riflessiva. Una donna, un’artista per sua natura estremamente teatrale, non più solo una donna ma un personaggio, un personaggio che bene si presta ad essere messo sul palcoscenico; un personaggio a cui Margherita Di Rauso offre il suo corpo e la sua voce, e dal primo momento si assiste ad una vera metamorfosi: ci si dimentica della scissione attore-personaggio e sembra di essere davanti ad una scultrice, che sappiamo essere morta, ma che sembra tornata per noi; davanti al pubblico, in carne ed ossa, con la sua ironia, la sua provocazione, la sua fragilità e voracità per la vita. Sul palco, sotto il palco, a pochi passi dalla prima fila si denuda, si sfoga, si racconta e si prende in giro lanciando la sua personale lettura di se stessa e delle sue opere, della sua necessità di creare, del suo essere un personaggio amato ed odiato.
Davanti al pubblico in un eterno presente tutto avviene solo con il potere della parola, di una parola che non è mai racconto della storia di qualcun altro, ma parola che decodifica, esplica, guida, decifra la realtà, vive la realtà.
Questo spettacolo in cui si racconta la vita di un’artista che incarna in sè le varie fasi della vita: bambina, donna, vecchia, è una rara perla teatrale.
E’ un momento di arte forse irripetibile in cui l’attrice scompare per fare posto alla creazione. Una creazione che si modella con la stessa forza e resistenza del materiale usato per fare sculture. Non materia molle e flessibile, ma sostanza con una propria anima.
Dallo scontro delle anime di due donne, quella dell’artista Margherita Di Rauso e quella di Louise Bourgeois, nasce questa scultura meravigliosa, toccante, forte e penetrante in cui c’è spazio per l’occhio e la sensibilità di ogni spettatore; per i ricordi e la voglia di riscatto che appartiene all’essere umano.
Un racconto che è specchio di un’individualità, “la mia arte si nutre di tristezza e paura” e allo stesso tempo codice interpretativo per l’universalità.

Teatro Quirino - via delle Vergini 7, Roma
Autogestito 2011, Rassegna di teatro Indipendente Giovane Curioso Civile
Serata unica 28 maggio 2011 ore 22.15

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Paola Silvia Rotunno e Francesca Melucci, Ufficio Stampa Teatro Quirino

Le mie recensioni su SaltinAria: A pezzi



A PEZZI
Un manuale di anatomia per le nuove (de)generazioni
Progetto di videoproiezione e performance dal vivo
di Salvatore Insana e Elisa Turco Liveri
Voce e performance Elisa Turco Liveri
Elaborazione audio/video e testi Salvatore Insana
Disegno luci Giovanna Bellini
Organizzazione Flavia Passigli
Produzione Atelier Meta-Teatro - Dehors/Audela

Due linguaggi a confronto, due linguaggi che si integrano e si sfidano in questa performance che si presenta come un manuale di anatomia distorta, macabro e allo stesso tempo realista oltre il reale. Quel reale che si incontra quando si scava oltre la superficie e il cui nodo centrale è la frammentazione.
A pezzi, composti da pezzi. A pezzi perché esausti; a pezzi perché impossibile una forma di comunicazione vera tra mente e corpo; a pezzi poiché separati dalla nascita, incapaci di entrare in contatto con la totalità di noi stessi; a pezzi perché sconnessi, disintegrati dal sociale; a pezzi perché limitati; a pezzi perché settoriali, specifici; a pezzi perché superficiali; a pezzi perché come la bambola prima o poi facciamo cadere la testa e ci rompiamo; a pezzi perché i nostri occhi non si apriranno più bene e a fatica si chiuderanno; a pezzi perché ci sentiamo tirare in varie direzioni e ogni parte di noi tende verso una sola. A pezzi o senza più pezzi; perché noi, i pezzi di ricambio non li abbiamo.
La scena fatta di elementi essenziali, poche luci, mattoni, parti di bambole è il mondo in cui si muove con grazia, leggerezza e tecnica Elisa Turco Liveri.
Un corpo, quello dell’artista meravigliosamente armonioso, presente, fluido e allo stesso tempo rigido da occupare da sola tutta la scena, ogni angolo del palcoscenico.
Un corpo da cui non si staccano mai gli occhi dello spettatore e lo si vede dialogare con i video, eseguire comandi, giocare, lasciarsi stupire; un corpo che nonostante la rigidità lo si vede anche soffrire, morire ma, soprattutto, farsi a pezzi.
Un corpo, un movimento, una danza generosa, quasi incorporea nel suo essere totalmente corpo da cui si distacca momento dopo momento la mente, il pensiero e si fa spazio una linea di demarcazione che non si può incollare. La testa, lei si distacca per prima dal corpo eppure è l’ultima a lasciarsi andare in quella danza vorticosa che la porterebbe a volare via, ad occupare un altro spazio come nel bellissimo pezzo di danza vorticosa con le teste appese.
Una performance di breve durata dove ogni elemento occupa lo spazio giusto e concorre alla riuscita di un grande lavoro artistico dove i video, le luci, il corpo, gli elementi scenici sono pezzi di un unico insieme.
Un insieme riuscito, creativo e di alto livello artistico.

Atelier Meta Teatro - via Natale Del Grande 21, Roma
Orario spettacoli: dal 18 al 21 maggio, ore 21 e 22.30
Biglietti: 10.00 € - 6.00 €

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Flavia Passigli

Dal 18 al 21 maggio. Il corpo umano, con ognuna della sue parti, utilizzando il suo specifico linguaggio, quello dei movimenti, entra in contatto con il linguaggio dei video. Partendo dai piedi e giungendo alla testa il corpo fa il suo viaggio; un viaggio attraverso le parti di sé. Un viaggio quasi guidato ed imposto dai video, dalle immagini e dalla voce off.

Le mie recensioni su SaltinAria: tutti insieme abbondantemente

Dal 3 al 22 maggio. Marisa Laurito sbarca al Sistina con il suo nuovo show “Tutti insieme abbondantemente” per festeggiare i suoi trentacinque anni di carriera. Uno spettacolo specchio dell’amore, della passione e del divertimento di chi lo ha realizzato

TUTTI INSIEME ABBONDANTEMENTE
di Marisa Laurito
con la partecipazione straordinaria di Giulio Farnese
Con The Pagnottell Ballett: Valeria Iaquinto, Gelsomina Troiano, Annarita De Pascale e Alice Sentieri
Il Duo Baguette: Antonella Melito e Benedetto Dionisi
The Kiavich Orchéstra, composta da 7 solisti
regia ManuelaMetri
direzione musicale Fabrizio Romano
arrangiamenti Tonino Esposito
inediti di Carlo Marrale, Andrea Mingardi e Fabrizio Romano
costumi Graziella Pera
scene Cappellini & Licheri
luci Pietro Sperduti
coreografie di Evelyn Hanack

Uno spettacolo dalla trama esile, povera, quasi impercettibile: un produttore senza soldi (Giulio Farnese) alla ricerca di facili guadagni tenta di dominare, senza alcun esito positivo, Marisa con false promesse di successo all’estero.
Uno show che raccoglie frammenti di canzoni, momenti vissuti, vita e atmosfere del passato, di un tempo così diverso e lontano dall’oggi. Un tempo che grazie alle musiche, alle danze, ai colori e alla bravura della Laurito, ma anche delle “pagnottelle” ballerine rivive davanti agli occhi degli spettatori e con essi.
Marisa Laurito, da vera artista quale è, popolare e amata dal pubblico italiano, è in questo lavoro una vera e propria “show woman”, con una grande verve, una passione e un’energia contagiosa.
Una compagnia, quella che con lei condivide il palcoscenico, energica e vitale; le ballerine, ottime sia nelle coreografie che nelle parti cantate, seguite e guidate dalle musiche di una simpatica e brava orchestra, che non è mai sfondo ma interprete vero e proprio di questa festa fatta di colori accesi, luci e costumi.
Un’ ora e trenta di spettacolo giocato sopra le righe, con tutta l’energia possibile e la professionalità di cui solo chi ama veramente l’arte è capace. Uno spettacolo che vuole essere chiaramente uno show, che non ha la pretesa di essere altro e proprio per questo molto bello.
Uno spettacolo in cui il pubblico italiano non più giovanissimo si trova con gli occhi fissi sul palco e il sorriso sulla bocca, pronto a cantare le canzoni che conosce e fanno parte dei ricordi e ad esibirsi quando è richiesto.
Gli ingredienti vincenti di questo show sono quindi tutti sul palco: una “show woman” in carne, quattro ballerine “pagnottelle” generose non solo nel fisico ma anche nella voce e nel sorriso, un’orchestra eclettica, composta da ottimi solisti, sempre vibranti, diretta magistralmente da Fabrizio Romano con gli arrangiamenti del maestro Tonino Esposito che regalano allo spettacolo rigore e passione, le musiche che spaziano attraverso varie epoche eseguendo con maestria famose melodie napoletane, brani degli anni venti, del varietà, composizioni del maestro Piovani e canzoni inedite scritte appositamente per questo show da Andrea Mingardi e Carlo Marrale e i costumi di Graziella Pera, una nota di stile, sopra le righe, ricchi di forza, colore e luce che rispecchiano in pieno il clima dello spettacolo.
Uno spettacolo divertente e che ci porta un po’ indietro nel tempo a quella semplicità e leggerezza degli artisti che non pensavano troppo alla linea e all’apparenza, ma che con l’arte ci si confrontavano e ci giocavano.

Teatro Sistina – via Sistina 129, 00187 Roma
Per informazioni: telefono 06/4200711
Orario del botteghino: dal lunedì al sabato dalle 10 alle 19, domenica dalle 11 alle 18; prenotazioni telefoniche al numero 06/42007130 dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 14
Orario spettacoli: dal martedì al venerdì ore 21, sabato ore 17 e ore 21, domenica ore 17, lunedì riposo (giovedì 19 maggio in scena anche una replica pomeridiana alle ore 17)
Biglietti: poltronissima (da 31,00€ a 40,00€), poltrona (da 28,00€ a 37,00€), I Galleria (da 29,00€ a 38,00€), II Galleria (da 24,00€ a 32,00€), III Galleria (da 19,00€ a 26,00€)
Promozione speciale a 25 euro in platea e 15 euro in galleria per gruppi, studenti, over 60, “Pagnottelle e Pagnottelli” e, in occasione dell’8 Maggio, per tutte le mamme!
tutti i prezzi indicati sono al netto della prevendita

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Massimo Natale, Ufficio Stampa Teatro Sistina

Le mie recensioni su SaltinAria: Le mattine dieci alle quattro



LE MATTINE DIECI ALLE QUATTRO
scritto e diretto da Luca De Bei
con Federica Bern, Riccardo Bocci, Alessandro Casula
scene Francesco Ghisu
costumi Sandra Cardini
luci Alessandro Carletti
suono Marco Schiavoni
collaboratore alla regia Alessandra Paoletti
assistente alla regia Sandra Conti

Tutti e tre accomunati da squallidi lavori precari; i due ragazzi, un italiano e un rumeno, lavorano a giornata in un cantiere edile, in nero e senza alcun rispetto per le norme sulla sicurezza, a ricatto dei più anziani (i caporali), dove neanche il diritto alla malattia viene garantito. La ragazza, italiana, fa le pulizie in uffici, scuole e piccole industrie per conto di una ditta che riceve subappalti. Avrebbe voluto studiare ma le vicende della vita la obbligano a percorrere un’altra strada. Hanno poco più di vent’anni, ma l’età la si vede solo dai loro occhi, soprattutto quelli della ragazza, vispi, profondi e sbarazzini che riescono a nascondere la difficoltà della vita, in nome di quell’unico sogno che ancora si permette di fare, quello legato all’amore.
I protagonisti sono il simbolo di una generazione destinata al lavoro in nero, sottopagato, pericoloso, in cui l’umiliazione è all’ordine del giorno.
Costretti a vivere alla giornata, nel grigio riconoscibile della periferia romana, fatto di nebbia e di un paesaggio urbano squallido e freddo, dove droga, alcool, servizi sociali, rapine non sono eccezioni, ma ingredienti del vivere quotidiano.
La giornata di questi ragazzi, polo opposto dei figli di papà, è fatta di levatacce mattutine, turni massacranti per pochi soldi, tentativi di fuga dal quotidiano (e dalla fatica di coloro che fanno lavori manuali), con alcool, droga, musica, discoteche a cui si aggiungono pochi e meravigliosi sogni che spesso non si possono realizzare; quello di un lavoro migliore, di una casa costruita da soli, di una domenica al mare, di un pacchetto di sigarette in più; di non finire in galera come il proprio fratello, su un letto come la propria madre obesa e depressa, come l’amica cubista. Sogni che però spesso rimangono tali perché la realtà resta grigia, nera, fatta di lutti e ferite che nulla e nessuno può rimarginare.
In questa cornice metropolitana, dura proprio perché reale, dove ancora il sole non prende il suo posto e la nebbia avvolge le parole, riesce a inserirsi una fragile storia d’amore tra i due ragazzi, che hanno camminato uno accanto all’altro negli anni dell’infanzia di cui la ragazza ricorda ogni attimo e che il ragazzo sembra non aver mai vissuto. Una storia che sembra affiorare come un grido per il bisogno di amore; un amore che viene dal passato, da quella purezza e da quel dolore per i sogni e l’infanzia rubata. Una storia minata dalla cruda realtà del pericolo insito nei lavori precari, quello della non sicurezza dei cantieri. Una storia che è solo uno spiraglio di luce nella nebbia, una nebbia che si fa sempre più fitta e sembra non voler scomparire.
Un testo forte, in cui c’è spazio, però anche per l’ironia, per quell’ironia che nasce dalla realtà attuale. L’autore, finalista al premio “Enrico Maria Salerno per la drammaturgia” 2007, finalista al Premio Riccione per il teatro, vincitore Golden Graal 2010, scava nei temi del lavoro nero, della periferia, della paura dell’immigrazione e della convivenza con culture diverse in un modo sottile e mai drammatico.
I tre protagonisti, la cui vita viene raccontata con il dialetto tipico della borgata li rende straordinariamente vicini e familiari. Nella loro semplicità sono struggenti e toccanti; non si può non amarli e volerli consolare. La sensazione che si ha alla fine dello spettacolo è di voler cambiare le cose. Si prova un certo astio nel guardare in faccia una parte della quotidianità. Bravissimi nel far dimenticare al pubblico di essere a teatro, per immergerlo totalmente nello spaccato sociale dei tre protagonisti.
Uno spettacolo da vedere e a cui abbandonarsi, con attori giovani molto bravi, una regia pulita e una scenografia essenziale e simbolica della periferia romana.

Teatro della Cometa - via del Teatro Marcello 4, 00186 Roma
Orario degli spettacoli: dal martedì al venerdì ore 21.00, il sabato doppio spettacolo ore 17.00 e ore 21.00, la domenica ore 17.00
Biglietti: 22 euro intero, 18 euro ridotto
Spettacolo Convenzionato ATAC: chi si presenta al botteghino con l’abbonamento ATAC o con un biglietto timbrato in giornata, avrà diritto al biglietto ridotto

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Maya Amenduni, Margherita Fusi

Dal 10 al 29 maggio. Ogni mattina, dieci alle quattro, in una borgata della Capitale, si incontrano alla fermata due ragazzi ed una ragazza e aspettano l’autobus che li porterà sul posto di lavoro.


Teatro della Cometa s.r.l. e Artisti Riuniti presentano
al Teatro della Cometa
dal 10 al 29 Maggio 2011