venerdì 29 aprile 2011

corpi di donne su di un piano inclinato

corpi di donne su di un piano inclinato: replica febbraio 2008

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SGUARDI

SGUARDI
Sguardi fissi su di te mentre, due, quattro, sei, dieci occhi che tentano di rubare avidamente qualcosa che sia oltre il tuo corpo; qualcosa da poter riportare sulla tela; qualcosa che possa diventare arte.
Immobile, disponibile ad essere guardata, ritratta, a farmi rubare silenziosamente piccoli frammenti di anima per poi vederli su fogli che inizialmente non avevano vita propria. Fogli trasformati in pochi minuti in forme, colori, segni. Fogli riempiti da una figura che non sono Io; non sono Io come mi percepisco, come mi vedo allo specchio. No, non ha nulla a che fare quell’Immagine con me; con me come io penso di essere. In quell’immagine, in quell’opera che vedo ci sono Io come un altro mi vede e nello stesso tempo c’è l’altro, l’artista; una parte di lui; la parte che entra in contatto con me. In quell’opera non c’è l’oggetto, la modella. No, in quell’opera c’è la relazione. Una relazione fatta di sguardi, musica e silenzio; una relazione che non ha bisogno di parole per creare la fusione ma sono di verità; di quella verità di cui necessita un rapporto d’amore. E cos’è l’arte se non un rapporto d’amore?
Li osservo dipingere, graffiare il foglio, ascolto i loro sospiri, colgo il loro respiro, le difficoltà, provo a sbirciare nei loro tratti e colori…a volte ho paura, altre sento una grande serenità.
Il mio è un dono; dono a loro la parte di me silenziosa, quella dove tu, artista, puoi rubare quello che vuoi non dal mio corpo, ma dalla mia anima…così come avviene anche quando costruisco una regia o calco le tavole del palcoscenico. Il mio corpo se non mi lasciassi guardare oltre lo strato di pelle non sarebbe nulla….e nulla potrebbe l’altro vedere.
Mi vedo, osservo un disegno dietro l’altro, un colore dietro l’altro e provo un certo imbarazzo che mi riempie il cuore nel vedere quello che le parole non possono e non sanno esprimere e la mente afferrare.
In ogni piccolo quadro, in ogni piccolo gesto c’è una parte di storia percorsa insieme in cui né l’artista né il soggetto pittorico ha trattenuto dal vivere e dall’esprimere…..
No, non è facile; non sempre lo è…a volte vorresti non essere di vetro e vorresti non farti guardare….e tendi, almeno all’inizio di essere neutra, ma neutri non si può rimanere; lo puoi fare in un corso accademico di scuola di disegno e di nudo; ma non da Franco; non con Marisa, Gloria, Indra, Claudio, Trang, Tina e le altre….no con loro è impossibile…perché prepotentemente e dolcemente quella barriera che protegge le relazioni allievo/modella/maestro si è frantumata, è diventata sempre più sottile e i quadri, i disegni sono mutati, da disegni accademici, tratti perfetti e naturalistici hanno preso la via dell’espressionismo….quella via in cui le emozioni, l’anima e l’istinto trovano la loro sede e il loro fluire nei colori e in quel tratto unico per ognuno

Laura

giovedì 28 aprile 2011

Le mie recensioni su SaltinAria:Riccardo alla terza

RICCARDO ALLA TERZA TEATRO DELL'OROLOGIO
SALA GASSMAN
Dal 26 aprile all’ 8 maggio. Il monologo grottesco e comico di Andrea Gambuzza, vincitore del Premio Nino De Reliquis 2009, debutta per la prima volta a Roma, alla Sala Gassman del Teatro dell’Orologio. Interprete lo stesso Andrea Gambuzza, attore dalle rare qualità comico-drammatiche che per un’ora tiene il pubblico con gli occhi fissi sulla scena.





Palme srl in collaborazione con Orto degli Ananassi presenta
RICCARDO ALLA TERZA, disappunti di un dittatore
di e con Andrea Gambuzza
scene Francesco Ghisu
disegno luci Luca Carnevale
foto e grafica Francesca Nicolosi
organizzazione Razmataz

Il Riccardo di Andrea Gambuzza, ha come base strutturale l’ambiguo personaggio shakespeariano, storpio e bugiardo mosso dall’ossessione del potere, dalla seduzione del male, dal bisogno di conferme e da una grande capacità manipolativa di muovere se stesso in rapporto agli altri e viceversa a proprio vantaggio, al fine di controllare o danneggiare altri personaggi che si relazionano con lui.


Su questa forte base, costruisce un Riccardo III angelo vendicatore giunto per annientare una società ormai distrutta e lacerata da lotte e guerre interne; un personaggio predestinato ad essere concausa della distruzione, di una distruzione necessaria affinchè vi possa essere poi una rinascita; è egli stesso prodotto del pensiero contemporaneo di cui interpreta i vizi, i costumi, i modi di essere e di agire.
Un personaggio comico, grottesco e allo stesso tempo drammatico in cui sono espliciti i riferimenti ai nostri giorni, ai differenti strati sociali e modi di “atteggiarsi” e di sopravvivere alla vita. Al continuo bisogno di sentirsi amati, che corrisponde in modo uguale ma di segno opposto, all’incapacità di amare; le vittime prescelte da Riccardo, non sono pure ma sono partecipi della loro stessa distruzione: Lady Anna si lascia sedurre da Riccardo pur conoscendo la sua natura ambigua, il popolo si lascia catturare dal suo carisma non dando importanza al palese carattere vendicativo e spietato che lo anima e lo porta ad agire, volendo vedere solo quello che più gli fa comodo.


Un monologo con una componente comica e grottesca molto delineata, in cui i quattro personaggi, le quattro sub-identità dialogano con Riccardo, il dittatore, utilizzando un tono leggero e allo stesso modo pungente e consapevole, riuscendo a superare lo spazio della quarta parete.
Un testo ben costruito con un ottimo interprete, che seppur molto simpatico e con una buona padronanza del ritmo scenico, svela il meglio di se nei momenti drammatici; un attore che non ha paura di utilizzare il suo strumento, che dona tutto se stesso sulle tavole del palcoscenico, che utilizza ogni sfumatura del proprio essere artista versatile.


Ottimo il disegno luci che sembra seguire e nello stesso tempo dialogare con l’attore. Un disegno luci curato e preciso a cui si deve molto della riuscita dello spettacolo. Unico neo è una prima parte leggermente più debole per un monologo forse troppo lungo.

Teatro dell’Orologio (Sala Gassman) - via de’ Filippini 17/a, 00186 Roma
Orario spettacoli: dal 26 aprile al 7 maggio ore 22.00, 8 maggio ore 18.30, domenica 1 maggio riposo, replica straordinaria lunedì 2 maggio
Biglietti: ingresso € 10, ridotto € 8

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Benedetta Boggio, Ufficio Stampa 369gradi – centro diffusione cultura contemporanea

Le mie recensioni su SaltinAria: Sogno d'autunno



SOGNO D'AUTUNNO-TEATRO VASCELLO
Dal 12 al 23 aprile. Un cimitero creato con la trama regolare di nomi, cognomi, date di nascita e di morte di coloro che erano e non sono più. In questo luogo si incontrano un uomo e una donna. Lui sembra essere in anticipo per il funerale della nonna. Lei inizialmente dice di essere lì per caso. Tra loro un dialogo quasi da teatro dell’assurdo in cui aleggia la tematica della morte. L’impossibilità di vivere il presente e il pensare al futuro a dispetto di un passato vissuto e condiviso seppur in modo differente da entrambi.

Produzione Zerkalo Teatro, con il sostegno della Reale Ambasciata di Norvegia, del Comune di Roma e dell’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione presenta
SOGNO D’AUTUNNO
di Jon Fosse
traduzione Fulvio Ferrari
progetto e regia Alessandro Machìa
scene Domenico Canino
costumi Fabrizia Migliarotti
light designer Giovanna Bellini
sound designer Michele Marsili
aiuto regia Elena Fuganti
con Sergio Romano, Viola Graziosi, Daniela Piperno, Massimo Lello, Elisa Amore

I due dialogano in modo afasico, quasi privi di una possibile comunicazione; forse amanti, forse appartenenti al passato, al regno della morte, al futuro. Un tempo eternamente immutato, un tempo che conduce continuamente alla tematica della morte, all’attrazione dell’uomo verso questo passaggio obbligato. Mentre i due, dopo una discussione quasi da teatro dell’assurdo, trovano un’unione entrano gli altri personaggi, i genitori dell’uomo, anche loro in anticipo per il funerale. Lui, il padre, così apatico e molle, da sembrare già morto; lei, classico esempio di madre petulante che parla continuamente e a sproposito, ingombrante nella vita del figlio, ossessiva e iperprotettiva, giudicante e castrante. Una madre che rimprovera il figlio adulto come fosse un adolescente.
Tutto accade e nulla accade in questo spazio di dialogo dove aleggiano, oltre alla morte, altre tematiche come la solitudine, la delusione, i rapporti genitori-figli. Gli uomini, uno ad uno, muoiono; il figlio dimenticato dell’uomo e il padre. Rimangono, così, in scena, solo le tre donne come a voler garantire il continuo divenire del tempo che alterna vita e morte. Un testo che vorrebbe far riflettere su grosse tematiche come la morte, il tempo, Dio, la transitorietà della vita ma che, a causa di una scelta registica non chiara, lascia in superficie le possibilità esplorative di indagine e messa in scena sul testo. L’idea registica che sta alla base del lavoro non risulta ben definita; la recitazione utilizzata dagli attori e il modo di muoversi nello spazio è naturalistico o sperimentale? Scegliere una o l’altra strada fa la differenza sulla qualità dello spettacolo.

Teatro Vascello - via G. Carini 78 (Monteverde Vecchio) Roma
Orario spettacoli: dal lunedì al sabato ore 21, domenica ore 17
Biglietti: intero 18,00€, ridotto 15,00€ per Cral e convenzionati, ridotto 12,00€ under 26 e over 65 e studenti in genere

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Benedetta Boggio, Ufficio Stampa 369gradi – centro diffusione cultura contemporanea

Le mie recensioni su SaltinAria: La mia miglior nemica


Dal 5 al 17 aprile. Dopo il successo dello scorso anno al Teatro De’ Servi, torna in scena al Teatro Golden “La mia miglior nemica”, commedia tutta al femminile, scritta e diretta da Cinzia Berni.


LA MIA MIGLIOR NEMICA
di Cinzia Berni
con Brigitta Boccoli, Marilena Frasca, Laura Monaco e Anna Tognetti
una produzione Lea Martino

Prodotta da Lea Martino, torna in scena “La mia miglior nemica”, scritta e diretta da Cinzia Berni, già fatta debuttare nel 2007 al Teatro Petrolini e replicata lo scorso anno. Rispetto a quattro anni fa cambiano due delle quattro interpreti. Non ci sono più Fulvia Lorenzetti e Silvia Moreni ma Brigitta Boccoli e Laura Monaco, ad affiancare Anna Tognetti e Marilena Frasca. Vista recentemente nei panni di attrice nel divertente “Disposte a tutto”, la Berni decide di replicare il successo riscosso lo scorso anno al Teatro de’ Servi, portando il suo “La mia miglior nemica” nella nuova multi struttura del teatro Golden.
La vicenda si snoda intorno all’amicizia tra Elena (la brillante Anna Tognetti) e Laura (una puntuale Marilena Frasca) che, di passaggio a Roma, proveniente dall’Australia, decide di far visita alla sua vecchia amica, che nel frattempo è in procinto di convolare a nozze proprio con l’ex fidanzato di Laura. Per evitare che il tutto venga scoperto Elena si finge omosessuale e si rifugia in casa di Clara (interpretata dalla bella Brigitta Boccoli). Il triangolo è esplosivo. Aiutate dalla sapiente regia della Berni (esilarante il suo cameo in video nel ruolo di una maga televisiva), le tre catapultano lo spettatore in una girandola di situazioni tanto divertenti quanto paradossali. A complicare la vicenda si insinua l’ingenua hostess Gianna (la delicata Laura Monaco) che funge da celato espediente per tingere l’intreccio di giallo.
L’opera, pur subendo l’influenza disturbante di uno spazio più consono al mezzo televisivo (il Golden è un teatro bellissimo di per sè, ma che troppo ricorda uno studio di registrazione per sitcom) scorre fluida lasciando in noi sempre un sapore di comicità delicata, frizzante, non  volgarmente invasiva.
Vivace la scenografia fatta di colori pastello che ben si legano alla leggerezza dell’insieme in uno spettacolo senza grosse pretese, ma che promette di regalare soltanto due ore di spensierato divertimento.

Teatro Golden - Via Taranto 36, 00182 Roma
Orario spettacoli: martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 21, mercoledì e domenica ore 17
Biglietti: intero € 22,00 – ridotto € 17,00

Articolo di Laura Sales
Grazie a: Daria Delfino, Ufficio Stampa Teatro Golden

Le mie recensioni su SaltinAria: Chopinostalegie

10-11 aprile. Uno spettacolo ispirato alla vita e alle lettere di Chopin; un tempo, quello della messa in scena, scandito dal ricordo dell’amico Tytus. Un percorso strutturato a capitoli: dalla campagna di Szafarnia al rapporto di Chopin con i maestri e con i concerti, dalla morte della sorella Emilia all’incontro con George Sand, dalla malattia e il viaggio a Maiorca alle capitali europee, fino alla morte.

Nell’ambito della terza edizione della rassegna Exit - emergenze per identità teatrali
Compagnia LABit e Compagnia di Teatrodanza D'Artè presentano
CHOPINOSTALGIE
tratto dalle lettere e i diari di Fyderyk Chopin
con Gabriele Linari, Andrea Vaccarella (Tytus Woyciechowski), Simona Forlani (George Sand), Giorgia Manno, Elisabetta Di Fonzo, Manuela Formicola, Marta Valeri
regia di Gabriele Linari

Un uomo solo sul palco, con la sua valigia in primo piano, in procinto di partire. Tytus. Il suo non è un viaggio nello spazio geografico, ma un viaggio nel tempo: nel tempo del ricordo e nello spazio del cuore dove è racchiusa l’amicizia che lo lega a Chopin. E’ il viaggio di un uomo che va a dare l’ultimo saluto all’amico morente, un viaggio in cui c’è spazio solo per i ricordi di ciò che è stato vissuto o raccontato. Un viaggio in cui la mente e le sensazioni hanno selezionato solo alcune scene: la breve ma intensa vita di un genio che si muove dalla Polonia alle capitali europee, di un artista che ha sempre avuto timore del pubblico, di un uomo sempre accompagnato da figure femminili importanti. 
Sul palco la compagnia di Teatrodanza D'Artè e la compagnia Labit si fondono utilizzando i linguaggi di musica, danza e teatro in uno spettacolo in cui dominano gli immortali componimenti del grande maestro Chopin.
Uno spettacolo ricco di spunti interessanti, con un eccellente corpo di ballo che, oltre ad utilizzare in modo ottimo lo strumento della danza, bene si sposa con un lavoro sensoriale con gli oggetti scenici. In questo spettacolo si ritrovano molti degli elementi cari al regista, utilizzati sempre con grande padronanza, mai scontati o superflui: quegli elementi come l’uso del tessuto, l’infilare le giacche in un certo modo, pochi ma significativi oggetti simbolici che rimangono impressi agli spettatori. Quella nota registica che permette di riconoscere la firma di un lavoro teatrale e che fa sempre piacere trovare.
Tra le scene più belle, oltre il finale, quella della trasformazione di una delle ballerine in un signore con il bastone e la morte di Emilia.
Uno spettacolo in cui predominano l’elemento danza e le scene di insieme delle donne che, in alcuni momenti, rischiano di mettere in secondo piano la figura di Tytus e il tema dello spettacolo che, come sottolinea il titolo, è la nostalgia per cui, invece, rimane poco spazio.

Teatro Sala Uno - piazza di porta S.Giovanni 10, Roma
Orario spettacoli: da lunedì a domenica ore 21.00
Per informazioni e prenotazioni: telefono 06.88976626, dalle 17.00 alle 20.00
Biglietto unico: 12 euro - Promozione CRAL ATEATROINDUE: 2 biglietti a 16 euro - Info e prenotazioni: 380.2660095
Teatro Convenzionato ATAC: ogni coppia che si presenta al botteghino con l’abbonamento ATAC o con un biglietto timbrato in giornata, avrà diritto a due biglietti per un totale di 16 euro invece che 24 euro!

Articolo di: Laura Sales
Grazie a: Ufficio Stampa Maya Amenduni


Le mie recensioni su SaltinAria: Soriana

Soriana - Teatro SpazioUno (Roma) Stampa E-mail
Soriana - Teatro SpazioUno (Roma) Stampa E-mail


9-10 aprile. Una donna, la sua dipendenza dall’alcool, le sue allucinazioni, una relazione che sta per finire mentre qualcosa è solo all’inizio; il suo uomo o i suoi uomini, le sue nevrosi.


Nell’ambito della rassegna teatrale DCQ – I Edizione – Linea d’Ombra
Produzione DoveComeQuando Fondazione 2004 presenta
SORIANA
di Flavio Marigliani
testo vincitore della I edizione del Premio di drammaturgia DCQ - Giuliano Gennaio
regia di Pietro Dattola
con Flavia Germana de Lipsis, Fabio Morìci, Andrea Panichi
musiche originali di Licia Missori
assistenza alla regia e scenografia Alessandro Marrone

Il testo di Flavio Marigliano è una storia aperta a più interpretazioni, che lascia domande ma non da alcuna risposta. Una storia dallo sviluppo non lineare, ciclica.
Lo spettacolo inizia e finisce nello stesso modo: tutto può essere avvenuto sul piano del reale o, forse, sul piano dell’onirico; in quel mondo che si apre dopo aver preso una bella sbornia. Un mondo che non ha confini definiti e non cerca in alcun modo di definirli. Per alcuni tratti vicino al teatro dell’assurdo, per altri al dramma borghese nel cui salotto tutto può accadere; luogo per eccellenza in cui si esplicitano le relazioni familiari e i vissuti personali.
Una messa in scena forse troppo lunga in cui spiccano tre ottimi attori, credibili nei loro personaggi, puliti nei movimenti, mai nevrotici, ma freddi e, nello stesso tempo, coinvolti nella storia. Ottima, in particolare,  l’interpretazione di Flavia Germana de Lipsis in un ruolo non semplice che passa dalla fragilità all’isteria, dalla follia alla dolcezza. I due attori maschili, Fabio Morìci e Andrea Panichi, si dividono la scena in modo armonioso e mai sopra le righe, ottimi co-protagonisti freddi e quasi diabolici, sensuali e distaccati, padroni e amanti.
Un buon spettacolo dai toni noir, arricchito dalla bravura degli interpreti e da una discreta regia che lascia un senso di sospensione nello spettatore e nella sua ricerca di risposte alla mille domande. Non vi è un solo elemento scenico su cui appoggiarsi per le possibili interpretazioni.

Articolo di Laura Sales
Grazie a: Chiara Crupi, Ufficio Stampa Artinconnessione


domenica 24 aprile 2011

A FRANCO...dopo Referente Incesto

Il più bel complimento
Sono rimasto chiuso in una sala teatrale, con un’attrice, un attore ed un regista, la sera prima dello spettacolo, avendo con me soltanto i miei strumenti di lavoro. Ho disegnato ininterrottamente per circa due ore, completamente al buio, (aiutato anche da una benda), adoperando pastelli colorati e supporti di varie dimensioni. Ho assistito soltanto con l’udito all’evento teatrale. Con il tatto, annotavo le sensazioni che traducevo da dialoghi e da immagini che man mano apparivano dal mio interno. Durante la pausa, toltami la benda, ho sparso il palco di disegni. Ci siamo seduti a terra tutti e quattro, in silenzio. Poi sempre in silenzio li ho raccolti e sono tornato nel mio studio. Il giorno dopo ricevo questa breve lettera dall’attrice:

Un mese di lavoro quotidiano, di training fisico in cui non abbiamo mai avuto il tempo per pensare al testo… non ci siamo mai chiesti nulla sul personaggio, non abbiamo mai sofferto quello che si diceva nel testo. Tutto il lavoro è stato sulle tensioni corporee, produrre maggiore o minore tensione muscolare; mettere il corpo nella condizione di non usare il minimo sforzo per il maggior risultato, ma creare una partitura di azioni fisiche dall’inizio alla fine dello spettacolo dove poter incanalare il testo.
Grazie a questo clima rilassato e ad un ordito stabile, quello della partitura fisica, da cui ci siamo sempre sentiti protetti abbiamo condiviso il tempo pre-spettacolo con un pittore il quale al buio ha lavorato al suono delle nostre parole, alle sensazioni delle azioni sceniche.
Per l’attore il tempo delle prove è un tempo extra quotidiano, intimo in cui si è privi di barriere, in cui tutto fluisce, in cui ci sono emozioni e momenti irripetibili spesso di un valore più alto di quello che si riesce a dare al cospetto con lo spettatore e proprio a causa di questo fiume di emozioni forti è un tempo a porte chiuse in cui l’unico rapporto esistente è con la scena e con il regista… ma in questo caso… ci siamo concessi qualcosa di diverso… un  artista che lavorasse in parallelo con il suo strumento nello stesso tempo e, soprattutto, nello stesso spazio.
Franco era li, dove finiva la scena e noi eravamo dentro il nostro rituale, era con noi, ma lontano da noi… c’era una creazione a più livelli, il suono del suo gesto accompagnava, risuonando nello spazio, il nostro rito.
Sarei falsa se dicessi che la sua presenza o la sua assenza avrebbe prodotto lo stesso effetto… non è così… quello che è nato da noi sulla scena è grazie e perché c’era un altro con noi, che vibrava di noi, che viveva con noi, che creava altro da noi…
Riguardare i suoi lavori a posteriori è stata una sensazione difficile da dimenticare: fino a quel momento noi due e il regista avevamo vissuto il nostro tempo e il nostro spazio senza alcun rispecchiamento esterno, tutti dentro al lavoro… ma quei disegni…  quei segni, erano noi…. Grazie, grazie ancora.
(Laura Sales)





DALLA PARTE DI FRANCO...SULLA CITTA' INFERNALE

La mia collaborazione con Laura Sales e con la “Casa de Asterion” è nata con l’opera Referente incesto  di Daniel Fermani.
In quell’occasione mi è stata data la possibilità di disegnare ai piedi del palcoscenico durante le prove generali e lo spettacolo. Ero ancora totalmente ignaro del lavoro a cui stavo assistendo e partecipando e subito dopo i primi minuti dello spettacolo ho deciso di lavorare al buio lasciandomi trasportare solo dalle sensazioni che evocavano le parole.
Parole gettate come pietre, e proprio per questo, ancora più forti, prive di filtri interpretativi. Il buio che avevo scelto mi ha condotto ad un percorso affascinante e nuovo. I disegni realizzati avevano una forza e una corrispondenza quasi oggettiva con i movimenti scenici che io non avevo visto, ma solo decodificato nel mio corpo e nel gesto grafico. I miei bozzetti erano i corpi degli attori, le loro tensioni, i loro pieni e vuoti, il loro ritmo. Da qui una collaborazione che ormai dura da anni, una ricerca che si fonde e scambia linguaggi del corpo in scena al gesto grafico, dalla danza ai colori.
La mia opera pittorica e la messinscena  hanno iniziato a svilupparsi su piani diversi ma trovando sempre un linguaggio comune e funzionale.
La città infernale è la prima opera di “Los Toritos” un gruppo di amici che ha iniziato il percorso ad ottobre 2010, lavorando duramente su elementi del training spazio, voce, corpo fino alla costruzione della macchina…
Mi aiuto con la macchina fotografica digitale, non per prendere inquadrature, ma per catturare emozioni che in seguito, al buio, riesco a tradurre le sensazioni catturate dall’obiettivo che ho preso dei particolari, vado con la memoria a quelle visioni traducendoli in segni”

Lavorare dietro lo schermo mentre appaiono le ombre, sempre al buio, attraverso luci e colori che appaiono dietro lo schermo trasparente. Trasposizione delle mie immagini assemblate con le figure degli attori che arrivavano attraverso….

La mia entrata nel percorso di “Los Toritos” per la costruzione de La città infernale è avvenuta poco prima di andare in scena, ad una settimana dalla “prima”. Ho assistito e ripreso il lavoro con filmati e foto e sono rimasto colpito dalla coralità dei 6 attori che riuscivano ad esprimersi con una tale tensione unica, totale seppur mantenendo inalterate le individualità tecniche, erano un corpo unico. Ogni interprete, senza prevaricare l’uno sull’altro, riesce a dare la sensazione dell’insieme dell’opera, ognuno ha la sua specificità in un racconto unico, ognuno ha uno stile corporeo diverso, ognuno si muoveva, in scena, con la propria libertà verso uno scopo comune.

Laura mi ha chiesto il video dell’Inferno da utilizzare come proiezione alle spalle degli attori; fotogrammi scorrevoli con colori evocativi per integrare i movimenti scenici e come sempre, alla base del mio intervento, ho libertà della scelta di come entrare nell’opera. E ho scelto di entrare in modo differente rispetto al passato, perché su un altro percorso è la mia ricerca. Ho lavorato su due livelli, utilizzando in una prima fase l’obiettivo fotografico per catturare un particolare, una sensazione dell’attimo del presente per poi nel secondo momento, al buio, trasporre sul foglio in gesto grafico e colore facendomi guidare dalle sensazioni.
Il secondo livello è stato quello di lavorare dietro il quadro, dietro il video, al buio, facendomi guidare dalle ombre integrate nel dipinto e dalle voci distorte che mi arrivavano. Io ero dentro lo spettacolo, dentro il dipinto, dalla parte opposta della direzione della voce. Ero dentro e fuori, nel mio buio, ma anche nel qui ed ora de  La città infernale.
Il mio lavoro è diventato un lavoro di montaggio di elementi differenti, di imput diversificati verso una creazione che non risponde più alla logica del più e ora, dell’estemporaneità, ma che nel montaggio successivo acquisisce sembianze nuove e paradossalmente ancora più vicine al reale.

mercoledì 20 aprile 2011

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PERFORMANCE TEATRALE: LE QUATTRO DEE- Presso l'associazione Il Vuoto Graffiato Roma










DONNE ARGENTINE IN FONDO AL MARE EUR SPA 2007

DONNE ARGENTINE IN FONDO AL MARE 2007 BUNKER EURSPA

DONNE ARGENTINE IN FONDO AL MARE EUR SPA

DONNE ARGENTINE IN FONDO AL MARE BUNKER EUR SPA

REPLICA DI DONNE ARGENTINE IN FONDO AL MARE BUNKER EURSPA

lunedì 11 aprile 2011

MEDITERRANEO: IL PROGETTO

Mediterraneo
con Giordana Pagliarani e Laura Sales
nasce da un'idea di Franco Barletta, sulla possibilità di far confluire i linguaggi artistici in un meta-linguaggio: quello dell'Arte.

Franco è un pittore, un musicista che fa danzare i colori, che compone un quadro sonoro ed evocativo delle sensazioni più intime della nostra anima. i suoi sono dipinti soggettivi, nessuno potrà mai leggere lo stesso messaggio, vedere le stesse immagini. Nulla è oggettivo. Tutto è soggettivo. Franco ha scelto la musica che corrispondeva ad un'idea precisa nella sua testa. Un'idea che non ha potuto né voluto comunicare. La sua idea.
Io e Giordana. siamo delle attrici e della arti-terapiste. Il nostro strumento è il corpo e la voce. anche noi dipingiamo. Dipingiamo lo spazio con i segni del corpo. Prima di questo lavoro non ci conoscevamo. Non sapevamo nulla l'una dell'altra. Non sapevamo niente dei rispettivi approcci artistici; eppure ci siamo trovate.
Ci siamo trovate senza parlare, senza confronto e conoscenza a creare uno spettacolo; a creare figure di pieni e vuoti;  a creare segni nello spazio e nel tempo; a creare una coreografia in cui ognuna di noi ha potuto esprimere il proprio linguaggio, la propria anima e nello stesso tempo l'unione e l'armonia di due donne. Corpo, gesti, parole, segni e colore.
Colore. Il colore e il segno grafico di Franco nato in contemporanea con i nostri movimenti e il nostro colore. Il colore materico che trasforma il nostro corpo, base del nostro contatto e della nostra musica. Abbiamo unito testi diversi, la luna dei tarocchi e la poesia su Iside e legato la luna all'arte. Per noi è un rituale. Il rituale, simbolo della nostra vita artistica, dell'amore e della dedizione.

..... Un mare che incanta e che ci riporta indietro a ricordare un qualcosa, un sogno, un ricordo di qualcosa successo o forse no, di qualcosa che sarebbe potuto succedere, ed è possibile che sia stato così.

Una figura ci accompagna in un sogno di costruzioni d’acqua, di paesaggi lontani, fin dove la nostra mente può arrivare.

Per poi, come una bolla di sapone, scomparire all’improvviso, come una figura che si sarebbe potuta incontrare ed è possibile che sia stata così…una figura che ci ha raccontato di un marinaio perso da qualche parte, con una vita da ricostruire sull’acqua.

Due donne che incarnano il mito di “Iside” e della “Luna”, che incidono sulle maree, che danzano le acque, il loro movimento, l’incontro fra l’oriente e l’occidente...

Due donne che danzano l’arte di un pittore, dei suoi segni grafici e dei suoi colori; due donne legate dall’arte e generate da queste....
Tutto questo è visibile attraverso gli occhi di un marinaio che rappresenta ognuno di noi nell’atto di sognare, di creare realtà che sono ovunque e in nessun luogo

MEDITERRANEO: DA UN'IDEA DI FRANCO BARLETTA CON GIORDANA PAGLIARANI E LAURA SALES

LA PERFORMANCE “MEDITERRANEO”


 “Mediterraneo” nasce da un’idea di Franco Barletta, pittore coreografo.
Le arti grafiche in contemporanea si confrontano con il teatro e la danza,
sul medesimo tema musicale, un innesto che rende omaggio alla globalità dei linguaggi e allo spaziare della creazione artistica.
Le due attrici uniscono al movimento
che nasce dalla musica di Luigi Maiello
le parole di Iside e della casa dei Tarocchi, mentre il pittore utilizza  i suoi strumenti
per bloccare il presente.
La luna come arte, donna dalle molteplici sfaccettature che si riflette nelle acque,
si immerge nell’oscurità degli abissi rinascendo sempre nuova
e contemporaneamente sempre se stessa,
nella circolarità del tempo della creazione.

ISIDE:

Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata
Io sono la prostituta e la santa
Io sono la sposa e la vergine
Io sono la mamma e la figlia
Io sono le braccia di mia madre
Io sono la sterile eppure
    sono numerosi i miei figli
Io sono la donna sposata e la nubile
Io sono colei che da luce
    e colei che non ha mai procreato
Io sono la consolazione del dolore del parto
Io sono la sposa e lo sposo
    e fu il mio uomo che mi creò.



REFERENTE INCESTO: L'INTERVENTO DI FRANCO

REFERENTE INCESTO
Una ragazza ed un ragazzo uniti e schiavi del loro piccolo mondo, ripetono ogni sera il loro rito di seduzione, odio, ribellione, illusione, perversione, incesto forse mai consumato o consumato ogni giorno in un tempo ciclico, sempre uguale a se stesso. Vittime e carnefici uno dell’altro.

Il lavoro del regista e degli attori
Il testo è dello stesso regista, autore italo argentino che ha creato un proprio sistema di recitazione e messa in scena: il testo non ha bisogno dell’interpretazione dell’attore, ma si esplica e vive attraverso le tensioni corporee. Il corpo dell’attore come strumento di vita delle parole, parole che cadono e si susseguono come pietre in cui non c’è spazio per il sentimento vissuto… il sentimento lo prova il pubblico non l’attore.
Un mese di lavoro quotidiano, di training fisico in cui non abbiamo mai avuto il tempo per pensare al testo… non ci siamo mai chiesti nulla sul personaggio, non abbiamo mai sofferto quello che si diceva nel testo. Tutto il lavoro è stato sulle tensioni corporee, produrre maggiore o minore tensione muscolare; mettere il corpo nella condizione di non usare il minimo sforzo per il maggior risultato, ma creare una partitura di azioni fisiche dall’inizio alla fine dello spettacolo dove poter incanalare il testo.

L’INTERVENTO DI FRANCO
Grazie a questo clima rilassato e ad un ordito stabile, quello della partitura fisica, da cui ci siamo sempre sentiti protetti abbiamo condiviso il tempo pre-spettacolo con un pittore il quale al buio ha lavorato al suono delle nostre parole, alle sensazioni delle azioni sceniche.
Per l’attore il tempo delle prove è un tempo extra quotidiano, intimo in cui si è privi di barriere, in cui tutto fluisce, in cui ci sono emozioni e momenti irripetibili spesso di un valore più alto di quello che si riesce a dare al cospetto con lo spettatore e proprio a causa di questo fiume di emozioni forti è un tempo a porte chiuse in cui l’unico rapporto esistente è con la scena e con il regista… ma in questo caso… ci siamo concessi qualcosa di diverso… un  artista che lavorasse in parallelo con il suo strumento nello stesso tempo e nello stesso spazio dell’attore.
Franco era li, dove finiva la scena e noi eravamo dentro il nostro rituale, era con noi, ma lontano da noi… c’era una creazione a più livelli, il suono del suo gesto accompagnava risuonando nello spazio il nostro rito.
Sarei falsa se dicessi che la sua presenza o la sua assenza avrebbe prodotto lo stesso effetto… non è così… quello che è nato da noi sulla scena è grazie e perché c’era un altro con noi, che vibrava di noi, che viveva con noi, che creava altro da noi…
Riguardare i suoi lavori a posteriori è stata una sensazione difficile da dimenticare: fino a quel momento noi due e il regista avevamo vissuto il nostro tempo e il nostro spazio senza alcun rispecchiamento esterno, tutti dentro al lavoro… ma quei segni…  quei segni erano noi…. (Laura Sales)

L'UOMO DEI FILI DORATI: ALCUNE FRASI DEL TESTO

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ZAMIRA – Non so se scoprire all’ombra devo quello che so. Storie vecchie sono, e ho paura di seminare quello che io stessa non saprei come chiamare. Le nostre anime intrecciate sono coi fili di questi tappetti che per volere degli dei dobbiamo tessere, in questa notte scelta per la creazione.
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ZAMIRA – Dimenticare si puó? Come la donna del mio racconto, la dimenticanza  non arrivava, e ogni notte, disfacendo quel disegno tanto lavorato durante il giorno, versava lacrime salate sui fili di colori che prima erano onde, concavi navi, cielo e nuvole propizie all’arrivo. Nell’ombra della sua stanza tutta la sua creazione all’essenza primitiva ritornava, il silenzio accoglieva i fili che una volta erano forme e sostanze, e che nella notte esseri inanimati ridiventavano
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ZAMIRA – Ma non la paura muoveva le sue dita ogni notte, non la stessa rabbia che di giorno li obbligaba a tessere davanti ai brutali pretendenti nel palazzo che era stato del suo marito. No. Era una forza che della coscienza nasceva. Ed é stata quella stessa forza a convincerla, una notte, di smettere di distruggere con lacrime quello che con lacrime tesseva durante il giorno

L'UOMO DEI FILI DORATI INFORMAZIONI TECNICHE

Informazioni tecniche
Lo spettacolo ha una durata complessiva di 40 minuti
E’ privo di scenografie
Non necessita di supporti audio esterni
Necessita, ove possibile, del proiettore video

Essendo tra i principi della Quercia delle Fate quello di cercare la fusione delle arti ed essendo questo spettacolo l’inizio di un viaggio che conduce ad Aracne: movimento immanente e perpetuo, allo spettacolo è legata la mostra En to Pan dell’artista Alessandra Kid-Shaw

Rappresentazioni
Teatro delle Palline San Lorenzo 26-27 Febbraio 2010
Spazio Morgana L.go dei Fiorentini 3 28- 29 Aprile 2010

Altri lavori messi in scena dello stesso autore
Donne argentine in fondo al mare
Corpi di donne su di un piano inclinato
Lettere dall’inferno
Referente incesto
Sangue senza amore


Laura Sales 3209640077

L'UOMO DEI FILI DORATI: DALLA PARTE DEL REGISTA

Dalla parte della regista

Tre donne tessono, in una notte scelta per la creazione, i loro tappeti. Tre donne. Le tre Parche, forse? Non si sa...ciò che si sa è che le tre donne legate in modo indissolubile al mito di Aracne, a colei che ha sfidato gli dei, hanno un compito da portare a termine prima che arrivi il giorno. Ma tessere in silenzio non è facile; impedire ai miti, alle fantasie, di scandire il tempo non è possibile...tanti, troppi legami con la tradizione, con l’archetipo della donna, con le figure che vivono in noi...
La costruzione dello spettacolo, come sempre, ha seguito una lunga gestazione; difficile e complessa nei suoi risvolti. Questo testo, seppur mantiene caratteristiche essenziali esistenti negli altri testi dell’autore, contiene anche delle novità e delle assenze. Un testo onirico, più “leggero”, apparentemente meno drammatico. Un testo dolce e sognante. Un testo in cui la figura femminile viene esaltata del suo riproporsi uguale e diversa nei secoli. Un filo la lega alla costruzione dell’universo, all’amore, alla creazione e al sacrificio. Tre attrici legate da fili neri, unite dallo stesso destino, sole e nello stesso tempo insieme tessono e creano la loro stessa “gabbia”; esse stesse sono la nave di Ulisse, il mare in tempeste, gli avvoltoi che presagiscono la fine, le donne ragno vittimi e carnefici, le tre parche che evocano immaginari comuni.
Nel lavoro di preparazione abbiamo lavorato a lungo sui riferimenti mitologi, sul patrimonio comune, sulle sculture di Canova, sulle raffiguazioni pittoriche delle Parche, sull’Odissea di Omero, sull’immaginario individuale.
Lo spettacolo, come sempre nel mio stile, è nato in corso d’opera. Nulla è da me deciso a priori, si costruisce mentre il nostro corpo si snoda nelle parole dell’autore. Nulla appartiene a me prima dell’incontro con gli attori. Tutto nasce nel momento della creazione comune. In corso d’opera, quando già le immagini di riferimento erano per noi chiare e condivise e montata la struttura centrale del lavoro, è nata in me l’esigenza di integrare con altro materiale, di lavorare su piani paralleli e così ho inserito dei brani dell’Odissea in greco e in italiano, la partitura musicale del sax che simboleggia colui che detiene i fili del tempo e il video dell’artista Franco Barletta

L'UOMO DEI FILI DORATI: DALLA PARTE DELL'AUTORE

L’UOMO DEI FILI DORATI
DI DANIEL FERMANI

REGIA DI LAURA SALES
CON LUDOVICA CUNDARI LAURA SALES E ALESSIA SANTONI
CON LA PARTECIPAZIONE DI MARINA DORE E  MARIO FARINA
MUSICHE DI CORRADO D’IPPOLITO

Dalla parte dell’autore

L’uomo dei fili dorati é stata scritta per incarico di Laura Sales, per essere rappresentata da lei, da Sara Sebastiani e da altre attrici da loro scelte. La consegna era un’opera sui tappetti persiani attuata da cinque donne.
            Mi sembró allora adeguato creare una fantasia nell’atmosfera delle Mille una Notti, ma aggiungendo un carattere filosofico al racconto di –in questo caso- tre/cinque donne. L’azione si sviluppa in una notte, termine che hanno le donne per tessere i tappetti i cui soggetti daranno forma e sostanza al mondo. Sebbene ci siano delle divinitá invisibili che avrebbero ordinato questo compito, la creazione della terra e i suoi abitanti, dell’uomo e la sua anima, rimane lavoro delle donne. In questo modo ho preteso di riscattare il ruolo di dee primordiali che le donne hanno avuto nella mitologia umana, e restituire il loro protagonismo nella creazione.
         Ma era necessario introdurre una storia per giustificare quella notte nella quale le tre/cinque protagoniste avrebbero tessuto i loro tappetti, e ho scelto il mito di Penelope e la sua attesa nel palazzo di Itaca. Nel caso delle cinque donne, che raccontano il mito, c’é una variazione che introduce brutalmente la realtá ed inmediatamente la capacitá femminile di trasmuttare in modo alchemico si direbbe, la morte in vita.

         La Penelope di quest’opera sa che Ulisse é morto nella sua strada verso Itaca,  e allora decide di ricamare sul tappetto della discordia la figura del suo uomo con le sembianze di un dio. Il parallellismo tra il lavoro di Penelope e quello delle tre/cinque donne dell’opera teatrale rafforza il senso demiurgico del loro compito, che non finirá nella morte, ma nella vita. La creazione implica spesso un sacrificio dello stesso dio creatore, ma voltato ad una rinascita in uno stadio diverso, forse lontano dai mali terreni.

         Si tratta di un’opera corale il cui ritmo é scandito dalle parole, in uno stile poetico, misterioso e quasi onirico.
Anche in quest’opera le attrici si vedono legate, non dalle parole stesse, ma da un compito ben definito, che é il ricamo ognuna del suo tappetto. In questo modo le azioni sono molto circoscritte ad un ambito individuale e piccolo, e le parole s’impadroniscono della forza degli impulsi fisici che nel corpo si devono limitare, per costituirsi nel vero movente delle azioni volte alla rappresentazione.

         L’uomo dei fili dorati é la creazione dell’ uomo dal punto di vista della donna, come dea primordiale, ma anche come amante che ha il potere di disegnare con le proprie mani l’oggetto del suo desiderio.